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Intervista a Lisinka

Torna il consueto appuntamento con le interviste di Tastingbooks! Questa volta a presentarsi è Elisabetta Fantini, alias Lisinka. Illustratrice e scrittrice, è pronta (o quasi!) a farci conoscere meglio se stessa, la sua fantasia e le sue creazioni.


  • Parlaci un po’ di te!

Come hai scoperto la tua passione per la scrittura? Come l’hai coltivata?

Parlaci di come l’arte della scrittura e quella delle illustrazioni ti hanno conquistata.


A Elisabetta non piace molto raccontarsi, è solo una con la testa tra le nuvole che ha fatto di tutto per non essere un'artista, sforzandosi di avere sempre i piedi per terra. Poi, però, certe cose non si possono tenere dentro troppo a lungo, cominciano a scalciare e a urlare per uscire fuori. Così è nata Lisinka, che per me non è solo un nome d'arte, un alter ego dietro cui nascondermi, mi piace pensare che sia un vero e proprio eteronimo con una sua storia, fantastica e avventurosa, a volte anche terrificante, che vive proprio tra quelle nuvole che non mi sono mai permessa di raggiungere.

Dico nata perché ‘Lisinka’ l’ho creata solo nel 2013, in occasione di una mostra in America. Mi piaceva, faceva figo in mezzo a nomi di artisti di spicco. In realtà lei c'è sempre stata, fin da quando ero una bambina che si ritagliava principesse di carta e disegnava ponti levatoi per proteggere castelli dall'attacco di lupi mannari. Lisinka era come una specie di amica immaginaria che, però, nemmeno io vedevo: non era frutto della mia immaginazione, ma era lei stessa la mia immaginazione. Mi sono semplicemente limitata a darle un nome, e ora la lascio a briglie sciolte verso i territori della scrittura e del disegno.


  • Quando scrivi hai già tutta la storia in mente o la elabori strada facendo?


Di solito, in mente ho già un principio e una fine. C’è sempre divertimento e un po’ di panico nel percorrere le infinite strade delle idee che si nascondono nel mezzo.


  • Hai delle abitudini particolari durante la scrittura?


Direi nessuna. Ho sempre scarabocchiato dove capitava, su un treno, in fila alla posta, in ospedale.

Quando posso, prendo appunti sul portatile, sulle note del cellulare, però l'idea nasce sempre sulla carta: la scrittura a mano, essendo più lenta rispetto al digitare su una tastiera, mi permette di elaborare con calma quello che mi passa per la testa e poi, una volta scritta, non si può cancellare con un semplice tastino, così il pensiero resta dando la possibilità di essere plasmato.


  • Dove trovi l’ispirazione?


Spesso da tutto quello che ho intorno, come una parola che vedo su un giornale, un odore, la scena di un film, il titolo di un libro che non ho mai letto, una fotografia; tutte queste cose diventano scatole vuote da riempire di storie.

Attingo molto anche nel calderone dei sogni notturni, quando me li ricordo. A volte sono così incredibilmente dettagliati che mi sorprendo di me stessa.


  • Come è cambiata la tua vita scrivendo/disegnando?


Se è cambiata, non me ne sono accorta. Sono cose che ho sempre fatto da che mi ricordi, la cosa che più conta per me è che mi fanno stare bene.


DOMANDE SUL LIBRO


  • Come è nato il tuo libro?


L'idea è nata un po' da un sogno che non ricordo più, un po' dalla passione per la mitologia greca e un po' dall'inquietudine che mi hanno sempre trasmesso le favole russe, impregnate di animali magici e terrificanti, streghe e metamorfosi. Il progetto ha preso forma con molta fatica, è stato più che altro una valvola di sfogo in un periodo snervante.


  • Quanto conta la fantasia in quello che crei?


Quanto l'aria che respiro. In un mondo senza fantasia c'è solo il nulla, parola di Gmork.


  • Il tuo libro è arricchito da bellissime illustrazioni. Quanto ti aiuta immaginare e mettere su carta i volti e le atmosfere che descrivi a parole?


Il disegno mi permette di dare voce alle emozioni quando le parole non bastano a descriverle.


  • “Mormolice” è nato prima come storia o come illustrazione?


Direi quasi contemporaneamente, quello che scrivo lo immagino disegnato e viceversa, anche se poi lascio passare tempi giurassici prima di metterlo su carta.


  • La fiaba nei nostri giorni: è ancora un sì o un no?


Per me sarà sempre un sì. Oggi si pensa, erroneamente, che la fiaba sia qualcosa di riservato soltanto ai bambini, così come l'illustrazione, eppure gli archetipi fiabeschi sono proiezioni di un'immaginazione sempre presente nella vita di ognuno di noi, e hanno il compito non solo di trasmettere insegnamenti, ma anche di arricchire la realtà di poesia e mistero.


  • Poche righe per invogliare un lettore a prendere in mano il tuo libro e a tuffarsi nelle sue storie.


Se nella bocca del lupo non vuoi finir

Leggi Mormolice, e non dovrai fuggir...

(scherzo, non è una minaccia!)


  • Hai qualcosa in cantiere? Un nuovo racconto?


Il cantiere non chiude mai, neanche quando sembra stare fermo per lunghissimi periodi. Ci sono mezze storie che pretendono di essere finite, storie finite che ogni tanto bussano dal fondo del cassetto per gridarmi in faccia "Guarda che sto qui! Ti muovi o no a farmi uscire?".

In questo momento la mia più grande speranza, per non dire missione di vita, è di riuscire a terminare al più presto tutti i progetti che ho iniziato, e non parlo solo di racconti ma anche di romanzi illustrati.

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