Quando si dice un'artista a tutto tondo. Perché l'arte non solo è soggettiva ma è ampia, varia, immensa...e chi la ritrova in più mondi e sensazioni, ha sicuramente una marcia in più, come Eva Grieco, danzatrice, attrice e poetessa che ci farà conoscere il suo mondo e un po' anche se stessa, con questa piccola intervista da parte di tastingbooks. A voi la lettura!
• Parlaci un po' di te!
Tenterò di rispondere a queste tue belle domande e, credo, dirò molto di me.
• Come hai scoperto la tua passione per la scrittura e come l’hai coltivata?
Non so esattamente... ma sì, forse a scuola!
Alle medie (1995) amavo il tema libero: ero fortissima, mi dicevano, forse perché leggevo di nascosto i libri di mia madre! Poi al liceo, con la mia compagna di banco e di avventure, ci scrivevamo lunghe lettere per fare pace dopo certe litigate (sono ancora legata a quella forma e mi sono dedicata spesso a carteggi con persone lontane).
Più avanti, nel 2000, durante il college a Londra, ho iniziato a tenere una specie di diario. Non ero per niente costante e fisicamente questo diario nemmeno esisteva; scrivevo su pezzi carta o quaderni qualunque. Succedeva quando ne avevo bisogno, quando mi accadeva qualcosa di sconvolgente! Succedeva spesso; e dopo aver scritto mi sentivo meglio, quindi, ho continuato a farlo. Dieci anni dopo, mentre vivevo a Stoccolma, ho iniziato a scrivere in versi e poi, tornata a Roma, ho incontrato delle persone con le quali ho iniziato a praticare meditazione e poesia.
Non so se ho risposto alla tua domanda. Posso dire di aver coltivato questa mia inclinazione leggendo e scrivendo tanto, ma non l'ho fatto intenzionalmente; cioè, non per tentare di fare della scrittura il mio mestiere. Scrivere è una pratica che mi ha sempre accompagnata e aiutata concretamente a comprendere meglio questa nostra esistenza che, parliamoci chiaro, è una follia!
• Parlaci di come l’arte della scrittura, e in particolare della poesia, ti ha conquistato.
Forse, intorno allo scrivere in generale, ho già risposto nelle righe sopra. Per quel che riguarda la poesia ricordo che nel 2008 mi trovavo ad Anversa e mi capitò fra le mani Lo spleen di Parigi di Baudelaire; rimasi folgorata e iniziai a procurarmi antologie e raccolte scoprendo molti autori e correnti. Dopo diverse letture per me fondamentali e con i primi tentativi di scrittura in versi capii che quello era un canale espressivo possibile per me, un'altra forma d'arte (oltre la danza) che, semplicemente, funzionava più del diario!
• Quando scrivi hai già tutto in mente o elabori strada facendo?
Qualcosa che sta nel mezzo. Alcuni componimenti si organizzano nella mente, arrivano tutti interi, già pronti; devo solo trascriverli (certo, poi ci lavoro). Altre volte, arrivano solo i primi versi, di colpo! e devo essere veloce, altrimenti sfuggono… Si tratta di una visione, di un'immagine intorno alla quale ruota un concetto che è molto chiaro; è esatto, ma difficile da verbalizzare in modo lineare. Dunque, seguo a comporre, a cercare le parole, ad accostare segni e spazi, a tentare una restituzione di quella visione precisa ma misteriosa; quindi, già poetica in sé.
• Hai delle abitudini particolari durante la scrittura?
Non direi. Se sono in giro scrivo su smartphone, in mezzo al caos romano: scrivo in metro, in treno, sul bus, anche camminando e rischiando pali! Poi ci lavoro da sola, in silenzio. Se sono a casa mi piace scrivere a penna; è una modalità che richiede più tempo e alla quale sono affezionata anche se poi devo trascrivere su PC, dove raramente compongo poesie.
• Dove trovi l’ispirazione?
Arriva! Di solito, da ciò che mi circonda: un matto che incontro per strada, una situazione pericolosa o meravigliosa; qualcosa che mi colpisce da qualche parte nel corpo innescando una risonanza con un mio vissuto. Perché nel profondo l'impulso viene da certi fatti, unici e indicibili; sempre gli stessi. Eventi che, se pur compresi e integrati, devo continuare a portare fuori altrimenti mi ammalo. E la poesia (come la danza) mi permette di dire senza dire, di portare fuori senza svelare; una cura. Allora anche se scrivo di quel matto che ho incontrato per strada, io, nello spazio tra i versi, parlo di quelle questioni traumatiche, di qualche spavento.
• Come è cambiata la tua vita scrivendo?
Non so dirlo. La vita cambia in continuazione.
• Come è nata questa raccolta?
Danze per bestie selvatiche contiene materiale scritto durante un periodo di tempo che va dal 2013 al 2020; sette anni. L'idea di selezionare e organizzare i brani in una raccolta è nata in un contesto per me prezioso, insieme a due amici molto cari: nel corso di tutto il 2019 fino al fatidico marzo 2020, una volta a settimana ci siamo riuniti in un salotto per praticare meditazione e poesia. Ognuno, dopo il silenzio e l'attenzione al respiro, leggeva i propri tentativi poetici ad alta voce, freschi o scritti in passato. A volte si elaboravano i contenuti, altre volte si rideva, si piangeva, si tornava al silenzio insieme. Le poesie si stampavano e, vedendo tutto quel materiale per la prima volta ordinato in un raccoglitore, è arrivato il desiderio di tentare una selezione e una divisione per temi. Il libro esisteva già, praticamente si è fatto da sé.
• Quanto conta la fantasia in quello che crei?
La poesia, come l'arte in generale, è per me il luogo dell'immaginazione; della visione. Inevitabilmente, però, si lega ad un piano di realtà, alle esperienze, all'esistenza.
• L’intimità nell’arte poetica: ho sempre creduto, forse erroneamente, che la poesia sia un’arte fortemente soggettiva. Come riesci a trasmettere le tue private emozioni personali anche a chi non ti conosce affatto? Come coinvolgi emotivamente il lettore?
Non saprei. Non credo esista un'infallibile ricetta. Quella tra l'autore e il lettore e pur sempre una relazione, non sempre funziona.
Comunque io scrivo e basta, con tutta me; qualcosa che ha a che vedere con la verità. Non ho una strategia. Riuscire a coinvolgere chi legge è più che altro un auspicio e sono contenta quando ricevo conferme in questo senso; non credo però che dipenda solo da me. Da lettrice mi rendo conto che una condizione imprescindibile per far sì che qualcosa si muova mentre si legge è quella del cuore aperto. Certo, a volte siamo
disponibili, apriamo tutti i canali, ma nulla si muove. Bukowsky scrive "a poem is a city"; sono con lui! Dipende da chi sei nel momento in cui la visiti quella città.
Mi rendo conto che questa risposta è abbastanza relativista... uhm...
• Danza, musica, cinema e ora poesia. Quanto conta la parola Arte nella tua vita?
L'arte è un modo di stare al mondo; l'unico possibile, per me.
• Tra tutti i tuoi componimenti, parlaci del tuo preferito. Perché lo senti diverso dagli altri?
Non c'è un componimento che preferisco fra tutti. O meglio non è
sempre lo stesso. Ad esempio Ogni cosa al suo posto è stato uno dei miei preferiti per qualche tempo; ora non mi dice nulla, non mi tocca più.
Però, ora che ci penso, ce n'è uno che non è tanto IL preferito, ma è uno di quelli che è arrivato tutto intero ed è finito nel libro così, senza mai toccarlo; ancora dopo due anni non cambierei una virgola ed è molto misterioso questo fatto: s'intitola Slancio.
• Poche righe per invogliare un lettore a prendere in mano il tuo libro e a tuffarsi nelle sue storie.
L'autopromozione, devo ammetterlo, è per me molto, molto difficile; se non impossibile.
• Hai qualcosa in cantiere? Un nuovo libro?
Sì. La seconda raccolta è pronta! Lo è da due anni in verità, ma in questo arco di tempo ogni volta che ho aperto il file sono intervenuta aggiungendo virgole o tagliando intere strofe; ora (l'ho deciso) è chiusa. Si intitola Rilassare i masticatori, è composta da quattro sezioni, ognuna dedicata ad una poeta amata: Antonia Pozzi, Marina Ivanovna Cvetaeva, Nadia Campana, Ingborg Bachman; tutte suicide... Allegria!!!
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